Sembra assurdo ma è così: esiste una città in cui è vietato morire. Ma il motivo di questo divieto è anche molto sensato.
Di leggi strane in giro per il mondo ne esistono parecchie, alcune veramente assurde, altre del tutto incomprensibili, questa di cui parliamo però sembra batterle davvero tutte. Sì perché c’è una città dove è davvero vietato morire. Nel senso che c’è una legge dello Stato che lo vieta proprio. Vi chiederete come sia possibile rispettare questa strana legge, eppure questa cittadina la mantiene, con successo, dagli anni ’50 del secolo scorso.
Si tratta della città di Longyearbyen, una città delle Isole Svalbard, in Norvegia. Con i suoi duemila abitanti è il centro abitato, con una popolazione superiore alle mille unità, situato più a nord nel mondo. Come è facilmente immaginabile il clima qui non è proprio dei migliori per l’uomo, eppure stiamo parlando di una città molto vivace. Ricoprendo infatti un ruolo di sito amministrativo, in quanto sede della residenza del Governatore, nonostante non abbia dimensioni molto estese Longyearbyen può vantare la presenza di un aeroscalo internazionale, l’Aeroporto Svalbard. Questo favorisce un turismo molto attivo, cresciuto soprattutto negli ultimi anni. Ma perché è vietato morire in questa città della Norvegia?
Tutto nasce da un’epidemia che colpì Longyearbyen tra il 1917 e il 1920. I morti furono a migliaia e, come è normale che sia, vennero sepolti all’interno del cimitero cittadino. Le condizioni climatiche di questa parte di mondo favoriscono però la presenza del permafrost, ovvero quel terreno, tipico delle regioni artiche, che rimane perennemente ghiacciato. Facile immaginare come questo possa avvenire in un luogo le cui temperature medie estive oscillano tra i 3 e i 7 gradi centigradi e che, da novembre a marzo è ricoperto di neve. Questa situazione ovviamente non consente il normale processo di decomposizione dei corpi sepolti sotto terra. Infatti, a distanza di anni da quella devastante epidemia, alcuni corpi vennero riesumati e si scoprì la presenza di virus ancora attivi nei tessuti prelevati dalle salme perfettamente conservate.
Questa inquietante scoperta naturalmente creò non pochi timori. La paura, più che giustificata, era che la presenza del permafrost potesse favorire la conservazione di virus altamente letali e che questi, nelle giuste condizioni atmosferiche, si riattivassero e tornassero ad infettare la popolazione. L’amministrazione cittadina, quindi, decise per la chiusura del cimitero ed emanò un’ordinanza, che ha validità ancora oggi, che vietava la sepoltura per tumulazione all’interno dell’area urbana. Da quel momento la città norvegese di Longyearbyen viene chiamata “la città in cui è vietato morire”, appellativo affibbiatole dall’umorismo anglosassone. È evidente che rimane sempre l’alternativa della cremazione o, per chi preferisce essere tumulato, la possibilità di essere spostato sulla terraferma.
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