Insurrezione generale degli artisti contro la nuova politica dei social, che blocca quasi tutta la musica italiana. Ecco le loro parole
È ormai noto a tutti: Meta e Siae non hanno trovato un accordo corretto per entrambe le parti e, di conseguenza, su Instagram e Facebook non si può più usare gran parte della musica italiana. La notizia ha subito fatto il giro dell’Italia e, per creator, musicisti, ballerini e artisti in generale, è stato un colpo al cuore: oggi, è pronta l’insurrezione.
Essendo la Siae l’azienda che detiene i diritti della quasi totalità delle canzoni italiane, il mancato accordo con l’azienda che possiede Instagram e Facebook significa di fatto la cancellazione dalle piattaforme di milioni di brani. Se per gli utenti è un dispiacere, poiché limita le possibilità di fruizione, per i creators e chi con i social network ci lavora è anche un danno. Ecco quindi la polemica, da parte degli artisti: parla Mogol.
Gli artisti contro Meta: senza la musica sui social non si può stare
Da quando è entrata in vigore questa nuova politica, da Instagram sono spariti non solo milioni di brani, ma anche tantissimi voice over di video e reel: a scomparire, quindi, anche le voci dei singoli creators dai video postati anche prima del momento dell’entrata in vigore. Meta, infatti, sta facendo fatica ad individuare esattamente i video in cui ci sono canzoni protette dalla Siae e, per questo, a volte erroneamente rimuove dal social anche audio che non c’entrano niente.
A fare il portavoce degli artisti e della loro insoddisfazione è Mogol, presidente onorario della Siae nonché autore di tantissimi brani. “Questa è una battaglia giusta. Quella che facciamo noi dico, ed è una battaglia che riguarda anche voi giornalisti, se pubblicano gli articoli e non vi danno i soldi? Con i diritti accade lo stesso. Io l’ho portata avanti questa battaglia sacra” dice, intervistato a FQMagazine.
La rimozione di milioni di brani italiani dalle piattaforme social è un danno per la discografia, per l’editoria e anche per le stesse piattaforme e a sostenerlo è anche Claudio Buja, presidente dell’Universal Music Publishing Italia. “Le piattaforme hanno sempre agito usando prima il repertorio e poi cercando un accordo: io credo che le trattative dovrebbero essere gestite in modo inverso” conclude. Gli fa eco anche la Siae, che dichiara che le è stato chiesto da parte di Meta di accettare una proposta unilaterale, che non prevedeva alcuna valutazione “trasparente e condivisa” dell’effettivo valore del repertorio. Insomma: il braccio di ferro è ancora forte, ma gli artisti non molleranno la presa facilmente.