Una decisione che nessuno si sarebbe mai aspettato, eppure Papa Francesco non avrebbe potuto comportarsi diversamente. Gli enti ecclesiastici non gli hanno via di scampo. Ecco tutti i dettagli
Papa Francesco, ancora una volta, ha deciso di intervenire sulla gestione di tutti i beni appartenenti alla Santa Sede. Ha utilizzato un motu, ossia un provvedimento che ha forza di legge, con cui ha preso una decisione importante. Tutto riguarda la riorganizzazione finanziaria, tant’è vero che, secondo il parere del Papa “il patrimonio della Chiesa è unitario, non frazionabile e sovrano.” In quest’ottica, gli enti sono solo tenuti ad amministrare questo patrimonio ma non ne detengono alcun diritto.
Papa Francesco ha chiarito in una lettera apostolica di giovedì 23, sotto forma di motu quanto segue:
“Nessun ente può reclamare la sua privata ed esclusiva proprietà o titolarità dei beni della Santa Sede, dovendo sempre agire in nome, per conto e per le finalità di questa nel suo complesso.”
Si tratta di una norma fondamentale per poter gestire al meglio il patrimonio della Sede Apostolica. Il pontefice non avrebbe potuto agire diversamente, considerato che sta incontrando tantissime difficoltà lungo il suo cammino per quanto riguarda la sistemazione dei beni e dell’amministrazione finanziaria. I problemi stanno diventando sempre più grandi da quando è avvenuto lo scandalo di Londra.
Il pontefice ha sottolineato che la Santa Sede ha il diritto natio di acquistare beni temporali, così da assicurarsi di “operare nella storia, nel tempo e nello spazio, per i fini propri e con l’indipendenza che è necessaria per l’adempimento della sua missione”. Ciò significa che tutti i beni mobili e immobili acquisiti in qualsiasi modo saranno “di proprietà della Santa Sede nel suo complesso e appartenenti quindi al suo patrimonio unitario, non frazionabile e sovrano”.
Dunque gli enti della Santa Sede non saranno i proprietari dei beni acquisiti, bensì dovranno semplicemente gestirli. Praticamente sono degli amministratori, i quali sono chiamati ad agire “con la prudenza che la gestione della cosa comune richiede e secondo le regole e le competenze”.
Infine, Papa Francesco conclude la sua lettera parlando delle disposizioni che devono necessariamente assumere “pieno e stabile valore, anche abrogando tutte le disposizioni incompatibili”.
Insomma i singoli enti della Santa Sede, con il motu portato avanti dal pontefice, sono costretti a utilizzare tutti i beni acquisiti solo nel nome e nell’autorità del Romano Pontefice.
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