Nel libro Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI Padre Georg racconta il “vero” Ratzinger e si toglie parecchi sassolini dalle scarpe.
Quello tra Joseph Ratzinger e padre Georg è stato un rapporto simbiotico fondato su stima, affetto e rispetto reciproci, diventato anno dopo anno sempre più forte e profondo. Il papa tedesco ha trovato in lui una solida spalla e un collaboratore leale anche nei momenti più difficili. Il legame tra il pontefice-teologo e il suo segretario è rimasto strettissimo fino all’ultimo. Poi, dopo la scomparsa di Ratzinger, il 31 dicembre scorso, un delicato equilibrio si è rotto per sempre.
Dopo l’ultimo saluto a Benedetto XVI, Padre Georg ha avvertito l’esigenza di raccontare la sua verità in un libro che ha subito attirato l’attenzione dei media: Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI, scritto a quattro mani con il vaticanista Saverio Gaeta. Da quelle pagine emerge il ritratto di un Papa e di un uomo piuttosto diverso da quello che tutti noi abbiamo imparato a conoscere.
“Le pagine del libro contengono una personale testimonianza della grandezza di un uomo mite, di un fine studioso, di un cardinale e di un Papa che ha fatto la storia del nostro tempo”, spiega padre Georg Gänswein, come riporta il magazine Nuovo nell’ultimo numero in edicola. “Per lui sono stato sino alla fine don Giorgio, anzi don Ciorcio, con la sua tipica inflessione tedesca, anche se non ha mai voluto rivolgersi a me con il ‘tu'”.
Padre Georg non dimenticherà mai il giorno dell’elezione di Ratzinger a Pontefice. Il 19 aprile 2005 cambiò la vita di entrambi. “Il cardinale – si legge ancora nel libro – mi aveva detto di aver avuto freddo, per cui si era messo un maglione nero sotto la talare porpora e la cotta bianca previste dal cerimoniale”. E di lì a poco quelle maniche nere che spuntavano dai paramenti fecero il giro del mondo.
Da allora padre Georg non ha mai lasciato solo papa Benedetto, nemmeno nel suo ultimo giorno di pontificato. “L’ho vissuto quasi in apnea – ricorda -. Con Benedetto abbiamo dato un ultimo sguardo a quelle stanze e quindi siamo scesi con l’ascensore… È stato un addio, devo riconoscerlo, che mi ha fatto soffrire e mi ha colpito nell’intimo, al punto che non ho potuto far altro che lasciar libero corso alle lacrime”.
E poi? “Siamo decollati in elicottero, mentre le campane della Basilica vaticana e delle altre chiese romane suonavano a distesa. In elicottero, silenzio assoluto: guardavamo quello che ci scorreva sotto gli occhi, anche perché era la prima volta che passavamo sul centro storico di Roma. Giunti nella residenza di Castel Gandolfo, quella sera il silenzio è regnato ancor più. Dopo 2.873 giorni, si concludeva così il pontificato del 264° successore di San Pietro”. E poco dopo sarebbe iniziata l’era di Papa Francesco, con le sue luci e le sue ombre. Ma questa è un’altra storia.
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