L’incredibile storia dell’uomo sepolto vivo per 61 giorni: finale da brividi

“The Coffin Man”, ovvero “l’uomo bara”: chi era Michael “Mick” Meaney, che si è offerto volontario per essere sepolto vivo per più di 8 settimane.

Michael “Mick” Meaney, un irlandese noto per le grandi prova di forza nei suoi lavori ad alta intensità di manodopera, per il suo amore per la boxe e per il suo desiderio di diventare un combattente professionista, nel febbraio 1968 passò alla storia per essersi fatto chiudere in una bara da vivo. Ed esservi rimasto, dopo una sepoltura sotto i flash dei fotografi e i mormorii della folla accorsa ad assistere al singolare evento, per ben due mesi.

Mike Meaney sepolto 61 giorni sotto terra
Mike Meaney si prepara ad andare sottoterra – Fonte Mentalfloss (Ladestranews.it)

Con la sua impresa Meaney voleva stupire tutti e acquisire una fama mondiale, e ci è riuscito. La sua prova di resistenza – per la verità non senza precedenti, benché meno clamorosi – ha segnato un record davvero sui generis. E pazienza se non è entrato nel Guinness dei Primato perché poco tempo dopo un suo emulo l’ha superato. Partiamo dall’inizio di questa incredibile storia.

La cronaca di due mesi da sepolto vivo

Meaney, un operaio di 33 anni, era un uomo in forma e robusto. Soprattutto, aveva un ardente desiderio di essere riconosciuto per qualcosa di importante. I sogni di boxe erano stati ostacolati da un infortunio alla mano. La sepoltura sembrava una buona scelta: tutto ciò che richiedeva erano una mente e una volontà di ferro. Oltre all’aiuto di alcuni valenti collaboratori (sua moglie Alice scoprì cosa stava facendo solo dopo averlo sentito alla radio e mentre aspettava il secondo figlio).

Mike Meaney sepolto 61 giorni sotto terra
Meaney (al centro, nella bara) viene calato nel terreno mentre gli spettatori guardano – Fonte Mentalfloss (Ladestranews.it)

Il 21 febbraio 1968 si concesse un ultimo pasto in superficie prima di dedicarsi completamente alla sua avventura. Mentre il tenore irlandese Jack Doyle cantava, decine di spettatori stavano a guardarlo mentre si calava per 4-5 metri sottoterra, e poi giù palate a ricoprirlo, con due soli tubi esposti per l’aria e il cibo. Se Meaney era claustrofobico e non l’aveva mai saputo, stava per scoprirlo…

La bara di Meaney era foderata di gommapiuma, per almeno un po’ di comfort, e provvista di un foro per i bisogni, con della calce per ridurre gli odori nocivi. Ogni mattina, Meaney si svegliava e seguiva una routine. Faceva alcuni esercizi fisici, per stimolare i muscoli. La colazione e gli altri pasti venivano calati attraverso il tubo. E con quel poco di luce che filtrava leggeva giornali e libri. E il vestiario? Un semplice pigiama.

Il 31° giorno Meaney ha festeggiato il traguardo di un mese con un bicchiere di champagne. A un certo punto, un giornalista dell’Associated Press ha fatto scendere una macchina fotografica lungo il tubo in modo che Meaney potesse scattarsi un selfie. Ma si è anche sfiorata la tragedia: il sito non era stato sempre monitorato e una volta un camion ha fatto marcia indietro proprio sopra di lui, col rischio di schiacciarlo. È stata l’unica volta, ha ammesso in seguito, che se l’è vista brutta.

La prova è andata così avanti fino al 61° giorno. Un gruppo di operai ha impiegato una buona mezz’ora per rimuovere la terra sopra di lui. E con tanto di musica della banda è cominciata la riesumazione. Quando finalmente Meaney è uscito sfoggiando una barba folta e occhiali da sole per evitare i bagliori di un sole che non vedeva da due mesi, era di ottimo umore. La prima cosa che ha fatto? Una tappa all’Admiral Lord Nelson Pub per una birra. “Mi sento benissimo”, disse. “Volevo fare altri 100 giorni”.

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