Si riaffaccia l’incubo lockdown nel mondo occidentale: prima il Covid, ora l’influenza aviaria. Ecco costa sta succedendo.
Era la scorsa estate quando più di 6mila uccelli migratori approdarono nell’arcipelago inglese delle isole Farne. Dovevano fermarsi lì per riprodursi, e invece furono trovati morti. Il motivo? Un terribile focolaio di influenza aviaria, virus estremamente letale per uccelli e pollame, e da un paio d’anni all’origine di gravi conseguenze in Europa, sia per gli allevamenti intensivi che per la fauna selvatica.
Ecco perché, come misura precauzionale e allo scopo di tutelare il più possibile l’habitat naturale, le isole in questione – un arcipelago nel Mare del Nord, al largo della costa del Northumberland – furono chiuse ai turisti. Ora il copione si ripete: la gravità dell’epidemia è tale da far temere che la prossima estate si riviva lo stesso incubo.
Lo spettro inquietante dell’influenza aviaria sulle nostre società
Le isole Farne erano frequentate ogni anno erano da circa 45mila visitatori, soprattutto amanti del “birdwatching”, per cui è facile rendersi conto dell’impatto economico – oltre che sociale – della nuova chiusura. Harriet Reid, responsabile dei guardaparco delle isole, ha spiegato al Guardian che molte delle specie di uccelli che passano per l’isola “sono rare e soprattutto già in difficoltà a causa delle conseguenze del cambiamento climatico”. Uno dei pochi modi in cui si può intervenire per mitigare gli effetti della malattia ed evitare di disturbare gli uccelli è “limitare l’accesso delle persone”.
Per l’uomo il rischio di infezione è basso, ma l’esperienza del Covid ci ha insegnato a non abbassare la guardia. Ora si teme soprattutto per gli uccelli che nidificano sulle scogliere: a partire dalle urie e dai beccapesci. I loro nidi sono molto vicini gli uni agli altri, e la densità di popolazione molto elevata fa aumentare il rischio di infezione, spiega Ben McCarty del National Trust. Sono già state trovate carcasse di diversi uccelli marini, tra cui alcuni gabbiani. Anche se per ora non è confermato il nesso con l’aviaria.
Il divieto all’accesso sulle isole serve a creare il migliore habitat possibile per la nidificazione. Ma anche a capire quanti uccelli migratori torneranno dopo la grave infezione del 2022. A detta di alcuni biologi, potrebbero volerci anni per riportare tutto alla normalità.