Se visiti la città eterna ciò che scorgi è arte e bellezza immortale. Così la pensava anche Giovanni Battista Gisleni che si è costruito una tomba tanto inquietante da essere indimenticabile come la città che la custodisce.
Durante le passeggiate turistiche e le visite ai monumenti della città di Roma, non puoi perderti la straordinaria chiesa di Santa Maria del Popolo: la basilica è considerata una delle più famose al mondo, sia perché è un capolavoro di arte e architettura sia perché è situata proprio al centro della città, nella piazza del Popolo.
Ma la sua fama è nota anche per qualcosa che la rende misteriosa e inquietante. La basilica è anche luogo di sepoltura di uno tra gli artisti del ‘600 più eclettici e fuori dal comune: stiamo parlando di Giovanni Battista Gisleni. L’artista scelse questa chiesa come luogo di riposo eterno delle sue spoglie e ciò che ideò per costruirla fa davvero impressione e rimane un simbolo inquietante e misterioso ancora oggi.
Chi è Giovanni Battista Gisleni
Architetto, musicista, cantante e scenografo teatrale, il Gisleni non si è fatto mancare nulla durante la sua vita. Seppur non molto conosciuto in Italia, le sue opere architettoniche sono molto importanti all’estero, prevalentemente in Polonia, dove l’artista lavorò alla corte di alcuni antichi sovrani di quell’epoca.
Alcune delle sue opere architettoniche sono entrate nella storia dell’arte e rappresentano un contributo davvero interessante e dallo stile eclettico per l’arte di quel secolo. Ma il Gisleni è divenuto immortale per un altro contributo all’arte seicentesca, questa volta italiano: la sua tomba. Ancora oggi, l’incredibile stravaganza di questa tomba lascia esterrefatti e inquietati tutti i milioni di turisti che visitano la chiesa di Piazza del Popolo. Vediamo allora come mai è diventata così famosa.
La tomba più inquietante del mondo
Quando Gisleni strutturò la casa che lo avrebbe ospitato per l’eternità, non lasciò spazio a dubbi: doveva essere memorabile. Così, fece in modo che tutti la ricordassero per la sua stravaganza. A darci il benvenuto è un enorme teschio, uno scheletro a mezzo busto coperto per metà da un telo bianco e con le mani incrociate sul petto. Lo scheletro è imprigionato dietro delle grate di ferro che idealmente lo custodiscono, ma che ne danno anche un’impressione inquietante e misteriosa.
Se abbiamo il coraggio di avvicinarci alla tomba e a distogliere lo sguardo dal grande teschio che ci fissa, possiamo leggere l’incredibile e più lungo epitaffio che si sia mai scritto su una tomba. Gisleni compose di sua mano l’epigrafe funeraria e la fece incidere come una sorta di memento mori, di ammonimento ai vivi riguardo la morte: tutti prima o poi andremo incontro alla morte. La curiosità è riportata anche dalla pagina Romasegreta, attenta a raccontare le particolarità e i segreti della Città Eterna.
“Neque hic vivuus, neque illuc mortuus“, cita l’epitaffio, “Né qui vivo, né lì morto“: il senso della prima frase è abbastanza chiaro, non si è mai davvero vivi in vita e mai davvero morti dopo la morte. Ciascuno avrà una nuova esistenza al termine di quella che sta vivendo. La frase continua: “In nidulo meo moriar” e “ut phoenix multiolicabo dies” che significano “Morirò nel mio nido” e “come la fenice moltiplicherò i giorni“. Queste frasi rappresentano due motti antichi, probabilmente molto cari all’artista.
Se stai pensando di fare una passeggiata tra i monumenti della città eterna, non perderti quest’incredibile tomba monumentale, sarà davvero impressionante vederla e non la dimenticherai così facilmente!