Ora il freddo si sta facendo sentire da un capo all’altro dell’Italia. E gli esperti accendono un faro allarmante sugli effetti delle basse temperature sul nostro sistema cardiovascolare.
Dopo un dicembre mite e assolato come non si vedeva da anni, rieccoci piombati nei rigori dell’inverno. Buona parte dell’Italia è stretta nella morsa di neve e gelo, con piogge e temporali improvvisi. Si tratta dell’effetto visibile dei cambiamenti del clima, all’origine di un considerevole aumento degli eventi estremi. E a patirne le conseguenze non sono solo l’ambiente naturale e gli stili di vita, ma anche la nostra salute.
Ad accendere la spia d’allarme è uno studio pubblicato su degli ultimi numeri della rivista Circulation, condotto da Barrak Alahmad del Department of Enviromental Health dell’Harvard School of Public Health di Boston (Usa). L’analisi ha riguardato, nell’ambito del Multi-Country Multi-City Collaborative Network gli effetti delle temperature estreme (sia calde che fredde) sul sistema cardiovascolare.
Lo studio in questione è il più vasto e approfondito mai condotto sul rapporto tra condizioni climatiche e cuore. Ha coinvolto ben 567 città di 27 nazioni (tra cui l’Italia) sparse nei 5 continenti tra il 1979 ed il 2019. La ricerca ha valutato, in oltre 32 milioni di soggetti, sia la mortalità cardiovascolare totale, sia quella per cause come scompenso cardiaco e aritmie. I dati presi in esame sono poi stati messi in relazione ai valori di temperatura medi delle varie città, per capire se le temperature estreme avessero un effetto sul rischio cardiovascolare, e di che tipo.
Per quanto riguarda le temperature misurate, si va dai -30° di Helsinki ai +44° di Kuwait City. L’analisi ha tenuto conto anche dell’azione di fattori quali l’umidità, l’inquinamento atmosferico e altre cause che potessero incidere sui dati ottenuti. Le conclusioni sono lampanti: i giorni più caldi provocano 2,2 decessi in più ogni 1.000 morti cardiovascolari, quelli più freddi addirittura un eccesso di mortalità di 9,1 soggetti ogni 1.000.
In particolare, nei giorni di canicola si registra un aumento del rischio di mortalità tra il 7% e il 10% per ischemia cardiaca o cerebrale, e del 12% per scompenso cardiaco. Peggio ancora nei giorni di gelo siberiano, con l’aumento di rischio per ischemia cardiaca o cerebrale del 32,5% rispetto ai giorni con temperatura normale.
C’è dunque una chiara associazione tra temperature estreme e rischio cardiovascolare. I motivi? Per quanto concerne il caldo eccessivo, gli effetti letali sono dovuti alla sudorazione e alla conseguente disidratazione, specie negli anziani che avvertono di meno lo stimolo della sete. Inoltre la vasodilatazione provocata dal caldo riduce la pressione. E l’uso di farmaci quali antianginosi, diuretici o ipotensivi favorisce sicuramente il fenomeno.
Quanto al freddo, le basse temperature provocano un restringimento delle arterie, in gergo “vasocostrizione”. Si tratta di un fenomeno che può interessare in particolare le coronarie, con il diametro dei vasi sanguigni che tende a ridursi e quindi trasporta meno sangue ai tessuti. Risultato: un abbassamento di 10 gradi della colonnina di mercurio fa aumentare la probabilità di un attacco cardiaco grave del 7%.
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