Dario Fo ci ha lasciati nel 2016. La sua assenza, però, è soltanto fisica perché, per il resto, abbiamo la sua Opera Omnia che, quotidianamente, ci ricorda la straordinaria attualità di un genio del Novecento.
Su Wikipedia si può leggere che Dario Fo è stato drammaturgo, attore, regista, scrittore, illustratore, pittore, scenografo, attivista e comico italiano. In due parole: un Genio.
Come si racconta un genio? Forse partendo da un ricordo personale di chi scrive. Siamo nel 1977 quando l’allora seconda rete Rai ha deciso di mandare in onda Mistero Buffo, opera che, dallo stesso Dario Fo, è stata definita “una giullarata”. Mistero Buffo è un insieme di monologhi che raccontano episodi di argomento biblico, tratti dai vangeli apocrifi o ripresi da racconti popolari riguardanti la vita di Gesù. E’ davvero il caso di dire: apriti cielo! Infatti, già dopo la prima puntata, il Vaticano fa sentire la sua voce possente e la sua assoluta contrarietà allo spettacolo di Dario Fo.
Immediatamente alle parole seguono i fatti, ed ecco partita una denuncia per vilipendio della religione. Santa Sede e Democrazia Cristiana si sono unite in questa nuova Guerra Santa e chiedono l’immediata sospensione della programmazione delle 8 puntate. La Rai ha proseguito, fortunatamente, per la propria strada che ha permesso a milioni di persone, incluso chi scrive, di conoscere non uno, ma due artisti straordinari. Accanto a Dario Fo, infatti, vi è, e vi sarà sempre, sua moglie, Franca Rame.
Dario Fo e la sua morte
Dario Fo è nato a Sangiano, in provincia di Varese, il 24 marzo 1926 da una famiglia da sempre antifascista.
A Milano il giovane Dario Fo ha modo di frequentare prima l’Accademia delle Belle Arti di Brera e poi la Facoltà di Architettura. Pur senza terminare gli studi e conseguire la laurea, sono esperienze determinanti all’interno della sua formazione multidisciplinare. In quel periodo la sua “scuola” sono le osterie dove si è soffermato ad ascoltare i racconti dei maestri soffiatori di vetro e pescatori del lago che “raccontavano favole paradossali e grottesche, della tradizione orale dei fabulatori, nelle quali già affiora una pungente satira politica“, come si legge su elle.com. In queste esperienze giovanili si può già leggere l’origine di quella che sarà poi la monumentale opera di Dario Fo e Franca Rame.
I racconti della tradizione popolare, così come lo stesso Mistero Buffo, sono narrati con una lingua, il Grammelot, che è un’altra geniale scoperta dell’attore che ha fuso in maniera meravigliosamente efficace dialetto padano, neologismi e un linguaggio che si può far risalire al periodo medievale. Il tutto poi arricchito da una mimica e da una gestualità che ha esaltato al massimo grado il suo originalissimo linguaggio. Il Premio Nobel per la Letteratura, conferitogli il 9 ottobre 1997, è stato il riconoscimento ad un’opera unica. Opera che: “si ispira ai giullari medievali nel dileggiare l’autorità e nel risollevare la dignità degli oppressi“, questa la motivazione dell’Accademia svedese. Dario Fo si è spento il 13 ottobre 2016, a 90 anni, presso l’Ospedale Luigi Sacco di Milano a causa di una crisi respiratoria.