Ormai da quasi tre anni il Covid è entrato a far parte delle nostre vite ed è cambiato il nostro modo di gestire la quotidianità in molti aspetti. Le prospettive per il prossimo futuro non sembrano essere però particolarmente incoraggianti.
Il 20 febbraio 2020 è una data che ha cambiato radicalmente le nostre vite e che non potrà che restarci immersa nella memoria. Quel giorno, infatti, è stato scoperto a Codogno, in provincia di Lodi, il “paziente 1”, ovvero il primo italiano che ha contratto il Covid. La malattia era emersa solo poche settimane prima in Cina, ma fino a quel momento ci sembrava lontana e destinata a restare nel grande paese asiatico. E invece così non è stato.
Ben presto il virus si è diffuso velocemente e abbiamo imparato quanto fossero importanti per difenderci azioni che potevano sembrare semplici, come il lavaggio costante delle mani e il distanziamento. Tutto questo però non è bastato e sono state tantissime le vittime, non solo tra chi era ritenuto appartenente alle categorie più fragili.
Il Covid non è stato ancora sconfitto
L’arrivo del vaccino in Italia, datato dicembre 2020, ha aiutato almeno parzialmente a risolvere il problema. Gli esperti sono però stati chiari in più occasioni: non serve a evitare di contrarre la malattia, ma a evitare di averla in forma grave. Ed è per questo che diventa fondamentale soprattutto per anziani e persone che soffrono di malattie oncologiche o respiratorie, che devono sottoporsi anche ai relativi richiami in modo tale da rafforzare il sistema immunitario a dovere.
Il siero si è rivelato inoltre anche un’importante barriera per proteggere chi abbiamo vicino, ma sarebbe un errore pensare che il peggio sia definitivamente alle spalle. Non a caso, ci sono persone che hanno contratto il Covid anche in più occasioni, pur avendolo vissuto con sintomi piuttosto simili a quelli influenzali.
A distanza di anni dall’inizio della pandemia ora possiamo quindi ritenerci sollevati e provare a convivere con il virus? Purtroppo la risposta è negativa, secondo quanto emersa da una ricerca effettuata dall’ISS (Istituto Superiore Sanità).
Le prospettive sono poco incoraggianti
Come hanno più volte detto gli esperti, a essere maggiormente a rischio sono soprattutto le persone che non si sono sottoposte al vaccino anti-Covid. Un concetto valido anche adesso, nonostante l’elevato numero di nostri connazionali che hanno fatto anche più dosi. Il problema può essere maggiore, in modo particolare, per quelli che non hanno nemmeno mai contratto il virus. Un’idea che deve fare riflettere perché arriva a smontare una convinzione che hanno molti: in questo caso, infatti, si finisce per pensare di avere un sistema immunitario forte, ma invece non è così.
Allo stesso modo, dovrebbero tenere alta la guardia anche le persone che si sono vaccinate ma che finora non si sono mai ammalate. A parità di fascia di età e di condizione di pregressa infezione, sembra invece diminuire il rischio di andare incontro a una malattia grave grazie alla vaccinazione.
La possibilità di avere sintomi gravi non può che essere legata, a detta dell’ISS, a due fattori: lo stato vaccinale (i richiami restano importanti) e le infezioni pregresse. I pericoli, invece, sembrano essere minori in chi si trova in una situazione “ibrida”, ovvero con infezione pregressa e vaccinazione). Insomma, ancora adesso la prudenza non sembra essere mai troppa.