Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Acta Neuropathologica Communications fa luce su una delle cause dell’Alzheimer.
La prevenzione dell’Alzheimer, una patologia che colpisce ogni anno milioni di persone in Italia e nel mondo, comincia a letto. A tale conclusione giunge, per la prima volta, un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Acta Neuropathologica Communications, al quale hanno collaborato il Centro di medicina del sonno dell’ospedale Molinette della Città della salute di Torino e dell’Università del capoluogo piemontese, diretto dal Alessandro Cicolin, e il Neuroscience Institute of Cavalieri Ottolenghi (Nico) con Michela Guglielmotto, entrambi afferenti al dipartimento di Neuroscienze Rita Levi Montalcini dell’Università di Torino.
In parole povere, c’è un nesso diretto tra Alzheimer e una scarsa qualità del sonno. E l’insonnia aumenta rischi di contrarre quella patologia, favorendo processi neurodegenerativi. I ricercatori lo hanno capito dopo aver esaminato l’effetto di un sonno disturbato in topi geneticamente predisposti al deposito di beta-amiloide, una proteina che compromette irreversibilmente le funzioni cognitive dell’animale, anche se giovane.
Basta la frammentazione del sonno ottenuta inducendo nelle cavie brevi risvegli senza modificare il tempo totale del sonno, per un periodo di un mese (che corrisponde più o meno tre anni di vita dell’uomo), a compromettere il funzionamento del sistema glinfatico, facendo aumentare il deposito della proteina di cui sopra. E non è una novità che il riposo notturno nei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer è spesso disturbato: nei casi più gravi si arrivare a una vera e propria inversione del ritmo sonno-veglia.
Non solo: i disturbi del sonno (deprivazione, insonnia e apnee) possono influire negativamente sul decorso della malattia. I pazienti con sonno disturbato, sia in termini di quantità che di qualità, presentano un aumento del deposito cerebrale della proteina (beta-amiloide) implicata nella genesi dell’Alzheimer. I ricercatori hanno dimostrato che il fenomeno dipende da una sua ridotta eliminazione da parte del sistema glinfatico, il “netturbino” del cervello, che lavora soprattutto durante il sonno profondo.
Come accennato, in soggetti predisposti all’Alzheimer un sonno disturbato fin dalla giovane età può favorire l’innesco di processi neurodegenerativi, che a loro volta compromettere la regolazione del sonno, in un vero e proprio circolo vizioso che fa porta dritti alla malattia, oltre a costituire un significativo fattore di rischio per obesità, ipertensione, diabete, infarto, ictus, cancro e demenze. Dunque riposare bene fa davvero bene alla salute.
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